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Disinformazione e manipolazione degli elettori. Sono questi i due principali timori con cui l’Ue si avvicina alle prossime elezioni europee previste per fine Maggio 2019. Gli esponenti della Commissione vogliono evitare che anche nel vecchio continente si ripetano i fenomeni denunciati in occasione delle Presidenziali statunitensi del 2016, quando sono state registrate pesanti interferenze dall’estero, come appurato nell’ambito dell’inchiesta Russiagate.
Un network contro la disinformazione - Bruxelles punta il dito contro le campagne di diffusione di notizie false online, come quelle prodotte dalla Internet Research Agency di San Pietroburgo, la nota “fabbrica dei troll” che dal 2014 al 2017 ha inondato i social network con messaggi “estremisti”, con l’obiettivo di destabilizzare le democrazie e orientare il voto verso i movimenti della cosiddetta “destra alternativa”.
“Non dobbiamo essere naïve: alcuni soggetti vogliono influenzare le Elezioni Europee e i loro strumenti sono sofisticati”, ha dichiarato Frans Timmermans, primo vice-presidente della Commissione Europea. Proprio per non farsi trovare impreparati, Bruxelles ha chiesto ai governi membri di creare al più presto un network pan-europeo per monitorare la campagna elettorale sui social media e prevenire i tentativi di disinformazione. “La commissione vuole che gli stati lavorino insieme per fare in modo che le regole che valgono offline, vengano applicate anche al mondo digitale”, sottolinea The Guardian.
— EU Justice (@EU_Justice) 26 novembre 2018
Micro-targeting - L’altro grande timore dell’Unione Europea riguarda la manipolazione pubblicitaria degli elettori. Qui a fare scuola è stato il caso di Cambridge Analytica, nome della società britannica che per anni ha raccolto dati personali di utenti iscritti a Facebook e li ha poi utilizzati per offrire servizi di “micro-targeting” a partiti politici di diversi paesi del mondo. Secondo Facebook, più 87 milioni di persone potrebbero essere stati coinvolte da questo uso improprio dei dati personali. Le inserzioni personalizzate sono state utilizzate anche da account legati alla Russia nel tentativo di manipolare le elezioni Usa con messaggi mirati su Twitter e Facebook.
Proprio a questo proposito, di recente il Commissario alla Giustizia Věra Jourová ha diffuso i dati di un sondaggio dell’Eurobarometer secondo cui 81% dei cittadini europei è a favore di maggiore trasparenza per la pubblicità sui social network, mentre l’80% chiede che venga reso pubblico quanto denaro le piattaforme digitali ricevono dai partiti politici. In tutto ciò, più di 2 cittadini europei su 3 (67%) sono preoccupati che la raccolta di dati online possa essere usata per scopi di propaganda politica. In Italia, questa percentuale sale al 72%.
Trasparenza elettorale - “Le nostre leggi e regole elettorali derivano da un passato non digitale”, ha dichiarato Commissario alla Giustizia Věra Jourová, parlando di temi già regolamenti offline (e ancora non online) come “i limiti di spesa per le campagne elettorali, le regole sulla pubblicità politica, la trasparenza su chi sta facendo una campagna e chi sta pagando”. Proprio la trasparenza intende essere l’altro cavallo di battaglia dell’Unione Europea. Di recente la Commissione ha pubblicato un “codice di pratiche sulla disinformazione” in cui si chiede alle piattaforme di social media di limitare il “micro-targeting degli elettori” e di rendere sempre trasparente chi finanzia le inserzioni a tema politico. “Per troppo tempo abbiamo visto le grandi campagne tecnologiche come positive o neutre, senza considerarle responsabili per tutte le conseguenze che possono causare”, ha sottolineato il Commissario Jourová. Su questo fronte, tra i temi di maggiore attualità c’è senza dubbio quello delle cosiddette “dark ads”, inserzioni pubblicitarie mirate di cui non è facile tenere traccia online.
Google crackdown on secret ‘dark adverts’ in EU elections https://t.co/97tj7sODv4
— The Guardian (@guardian) 22 novembre 2018
Google contro le “dark ads” - Durante le elezioni presidenziali Usa le principali compagnie tecnologiche sono finite sotto accusa per aver consentito la pratica delle “dark ads”, ovvero inserzioni visibili soltanto al gruppo “target” a cui sono destinate e del tutto oscure per i normali utenti. Dopo le polemiche, Facebook ha deciso di disattivare questa modalità nel Regno Unito ma queste regole non sono state estese agli altri paesi dell’Unione Europea. Lo stesso vale per Twitter che ha imposto regole sulla trasparenza pubblicitaria politica solo negli Stati Uniti. Al momento la proposta più avanzata in Europa è invece arrivata da Google che di recente ha annunciato una serie di nuove funzionalità in vista delle elezioni europee. Tra queste troviamo diversi strumenti creati per evitare la diffusione di “dark ads” e favorire maggiore trasparenza: 1) la segnalazione esplicita che un’inserzione è stata promossa da “un partito politico, un candidato o un pubblico ufficiale”; 2) una verifica supplementare sugli inserzionisti “per essere sicuri che siano chi dicono di essere”; 3) la creazione di un archivio di tutte le pubblicità elettorali “per fornire maggiori informazioni su chi sta comprando le inserzioni, a chi sono dirette e quanto denaro è stato investito”. Insomma, un bel passo in avanti rispetto a due anni fa, quando Facebook, Twitter e gli altri social media sono stati inondati di “pubblicità oscure” e campagne di disinformazione senza che nessuno ne abbia tenuto traccia.
“Per troppo tempo abbiamo visto il business delle grandi campagne tecnologiche come positivo o neutro, senza renderle responsabili per tutte le conseguenze che possono causare”
Commissario alla Giustizia Věra Jourová